ANNO 14 n° 119
Proust in Cucina, Questione di sguardi e di stracotto al vino
>>>>> di Massimiliano Capo <<<<<
26/01/2015 - 02:01

di Massimiliano Capo

VITERBO - ''Quelli che si danno pensiero di mettere nei loro discorsi a ogni piè sospinto le verità della fede sono anime che reggono la fede disperatamente attaccata alla mente, e la reggono con le unghie e coi denti, per paura di perderla, perché sono interiormente rosi dal terrore che non sia proprio tutto vero ciò che insegnano. Ogni nuova idea, ogni nuovo governo, ogni nuovo libro, ogni nuovo partito li mette in allarme. Gente sempre col puntello in mano accanto al palazzo che sono incaricati di custodire e della cui solidità dubitano. Non potrei vivere nella Chiesa neanche un minuto se dovessi viverci in questo atteggiamento difensivo e disperato, io ci vivo e i parlo in assoluta libertà di parola, di pensiero, di metodo, di ogni cosa. Se dicessi che credo in Dio direi troppo poco, perché gli voglio bene, e capirai che voler bene a uno è qualcosa di più di credere nella sua esistenza. E così di tutto il resto della dottrina. Ecco perché la mia scuola è assolutamente aconfessionale come quella di un liberalaccio miscredente, non ho nessuna fretta di portare i giovani alla Chiesa, perché so che cascheranno da sé nelle sue braccia appena si saranno accorti di essere delle povere creature ignare del futuro e di tutto, piccole e sporche creaturine buone solo a far porcherie, a vantarsi e a pensare a se stesse''.

Chiesa o non chiesa, dio o non dio, resta il richiamo ad aprirsi, a non nascondersi dietro le deboli mura delle piccole certezze quotidiane e a rimettersi costantemente in gioco nella consapevolezza e nella libertà della nostra esistenza di piccole e sporche creaturine.

Queste poche righe hanno quasi sessanta anni e le ha scritte Don Milani in una lettera ad uno dei suoi allievi prediletti.

La ricerca artistica quando funziona ha la capacità di offrire uno sguardo sul mondo nuovo e disturbante.

Ci impone di pensare e, spesso, di oltrepassare i limiti del nostro sguardo.

Del nostro sguardo culturale, insomma dei muri che ci troviamo spesso a puntellare nostro malgrado per paura di abbandonarci in mari ignoti.

C’è una parola greca, anzi ce ne sono due, che raccontano questa esperienza.

La prima è thaumazein, la sorpresa, che ci riserva l’ambiente che ci circonda e che noi chiamiamo mondo con i suoi imprevisti che diventano esperienza e conoscenza.

La seconda, che rende possibile la prima, è aisthesis che sta per sensibilità.

La sensibilità, tutta umana, di essere aperti ad ogni stimolo, in grado di riconoscere la ricchezza delle differenze che ci si mostrano innanzi, la contingenza e la imprevedibilità di ciò che accade intorno a noi.

Da aisthesis deriva estetica e l’estetica ha a che fare con la più immediata delle nostre facoltà: quella di sentire.

E non è questione solo di orecchio, ma più di ogni cosa di occhi.

C’è un frase meravigliosa di Walter Benjamin: ''Le linee del volto sono i segni di appuntamenti non rispettati, di decisioni non prese''. La si comprende al meglio quando si tenta di disegnare un volto, nello sforzo di trasferire su carta l’esperienza di guardare l’altro davanti a se.

C’è uno scarto, basta provare a prendere una matita in mano e a tracciare poche linee, che John Berger riconduce al sogno che è lo spazio dell’ispirazione, della spinta a produrre una propria visione del mondo.

Lo stesso spazio alterato che percepiamo di fronte al mare, ad un tramonto, ad un albero, a dei fiori di campo (è sempre Berger a dire) e ci si accorge che si sta guardando qualcosa che non coincide con ciò che si ha davanti agli occhi, che va oltre.

E’ dentro questo spazio alterato della percezione che suona il motivo musicale accordato alla nostra sensibilità e anche la nostra capacità di conoscere.

Berger lo chiama costellazione, un insieme di riferimenti verso cui armonicamente far convergere ogni energia individuandone con sensibilità la tonica.

In questi giorni sono stato a Bologna e mentre mi aggiravo per le stanze del Mambo, che di Bologna è il museo di arte contemporanea, sono finito a percorrere distrattamente i grandi spazi che contenevano le grandi tele di Lawrence Carroll. Superfici coperte di bianco e piani spezzati a sovrapposti.

La prima sensazione è stata quello di averle già visto, la seconda, a distanza di ore, quella di uno spaesamento.

E come quando accade di perdersi si corre a cercare una mappa, io mi sono messo a cercare un punto di riferimento per ricollocare quella sensazione dentro un confine spiegabile. E ancora una volta mi è tornato in soccorso Berger: ''mi sembra che la prima cosa da fare davanti a un’immagine che già esiste sia semplicemente di essere aperti ad essa, senza idee precostituite di nessun tipo. La prima cosa da fare è essere aperti alla sua energia e tale energia viene dalla costellazione dei suoi punti focali. Poi, dopo aver sentito quell’energia, può forse esserci una storia, o almeno ciò che noi chiamiamo una storia''.

Poi il treno è arrivato, Mario mi ha recuperato alla stazione, Bologna era a tre ore di viaggio e non restava che rifocillarsi con lo stracotto al vino rosso di Mamma Silvana.

Ingredienti:

1 kg di manzo (scamone)

1/2 l di vino rosso

2 cucchiai di farina

40 g di burro

2 foglie di alloro

2 chiodi di garofano

1 pizzico di noce moscata

2 piccole carote

1 costola di sedano

2 cipolle medie

pepe nero in grani

sale

Preparazione

Lavate e asciugate la carne quindi mettetela in una terrina. Aggiungete il vino, l’alloro, i chiodi di garofano, la noce moscata, alcuni grani di pepe, una carota, una cipolla, un po‘ di sedano tagliati a pezzetti.

Coprite la terrina con pellicola da cucina e lasciate marinare la carne in frigorifero per circa dieci ore.

Togliete la carne dalla marinata e asciugatela.

Gettate le verdure della marinata.

Infarinate la carne e rosolatela nel burro, se possibile in un recipiente di terracotta.

Aggiungete una carota, il sedano e una cipolla tagliati a pezzetti più il liquido della marinata filtrato attraverso un passino.

Fate cuocere lo stracotto per due ore a fuoco basso e a recipiente coperto.

Frullate il fondo di cottura, affettate la carne, rimettetela nella pentola, riscaldate e servite.

Buon Appetito!

 





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